(Piccolo elogio del fallimento)

Qualche giorno fa, sul mio profilo Instagram ho postato una domanda.

Se potessi cambiare un aspetto della scuola, cosa cambieresti? Tra tutte le risposte mi ha colpito una in particolare: la paura di fallire. 

Imparare è un processo, non una gara. 

C’è un tempo di ognuno, c’è un momento in cui le cose succedono e un altro in cui dobbiamo aspettare.
Se qualcosa non va bene, non fa niente. È la vita che va così, no?

Ecco qui tre cose che ho imparato

  1. Il senso di realtà

Ho parlato qualche giorno fa con il mio amico Gianni, ora dottore di ricerca dell’università di Bari e mi diceva che durante un progetto nelle scuole di Bari, si è reso conto della sua piccolezza. La sua testimonianza mi ha illuminata, e una “scintilla” per me è stata una sua frase: “certe volte ci proponiamo cose senza guardare i problemi reali”.

Fomentare la competizione – e quindi la perfezione – ci fa rientrare in una dinamica irreale. Ci sono giorni buoni, giorni belli, giorni tristi e solitari. Accettiamolo, non fa niente. Questo ci renderà più empatici, attenti e comprensivi. 

2. Solo chi non fa niente, non sbaglia mai. 

Per motivarci ad andare avanti userò due citazioni di Papa Francesco, che ho ascoltato con le mie orecchie durante la GMG (Giornata Mondiale della Gioventù) a Cracovia nel 2016. 

Voglio anche confessarvi un’altra cosa che ho imparato in questi anni. Non voglio offendere nessuno, ma mi addolora incontrare giovani che sembrano “pensionati” prima del tempo. Questo mi addolora. Giovani che sembra che siano andati in pensione a 23, 24, 25 anni. Questo mi addolora. Mi preoccupa vedere giovani che hanno “gettato la spugna” prima di iniziare la partita. Che si sono “arresi” senza aver cominciato a giocare. Mi addolora vedere giovani che camminano con la faccia triste, come se la loro vita non avesse valore. Sono giovani essenzialmente annoiati… e noiosi, che annoiano gli altri, e questo mi addolora. E’ difficile, e nello stesso tempo ci interpella, vedere giovani che lasciano la vita alla ricerca della “vertigine”, o di quella sensazione di sentirsi vivi per vie oscure che poi finiscono per “pagare”… e pagare caro. Pensate a tanti giovani che voi conoscete, che hanno scelto questa strada. Fa pensare quando vedi giovani che perdono gli anni belli della loro vita e le loro energie correndo dietro a venditori di false illusioni – ce ne sono! – (nella mia terra natale diremmo “venditori di fumo”) che vi rubano il meglio di voi stessi. E questo mi addolora. Io sono sicuro che oggi fra voi non c’è nessuno di questi, ma voglio dirvi: ce ne sono di giovani pensionati, giovani che gettano la spugna prima della partita, ci sono giovani che entrano nella vertigine con le false illusioni e finiscono nel niente.

Per questo, cari amici, ci siamo riuniti per aiutarci a vicenda, perché non vogliamo lasciarci rubare il meglio di noi stessi, non vogliamo permettere che ci rubino le energie, che ci rubino la gioia, che ci rubino i sogni con false illusioni.

Cari amici, vi chiedo: volete per la vostra vita quella “vertigine” alienante o volete sentire la forza che vi faccia sentire vivi e pieni? Vertigine alienante o forza della grazia? Cosa volete: vertigine alienante o forza di pienezza? Cosa volete?

Papa Francesco, Cerimonia di accoglienza – GMG, Cracovia 2016

La seconda: 

La pace costruisce ponti, l’odio è il costruttore dei muri. Tu devi scegliere, nella vita: o faccio ponti, o faccio muri. I muri dividono e l’odio cresce: quando c’è divisione, cresce l’odio. I ponti uniscono, e quando c’è il ponte l’odio può andarsene via, perché io posso sentire l’altro, parlare con l’altro. A me piace pensare e dire che noi abbiamo, nelle nostre possibilità di tutti i giorni, la capacità di fare un ponte umano. Quando tu stringi la mano a un amico, a una persona, tu fai un ponte umano. Tu fai un ponte. Invece, quando tu colpisci un altro, insulti un altro, tu costruisci un muro. L’odio cresce sempre con i muri. Alle volte, succede che tu voglia fare il ponte e ti lasciano con la mano tesa e dall’altra parte non te la prendono: sono le umiliazioni che nella vita noi dobbiamo subire per fare qualcosa di buono. Ma sempre fare i ponti. E tu sei venuto qui: sei stato fermato e rimandato a casa; poi hai fatto una scommessa per il ponte e per tornare un’altra volta: questo è l’atteggiamento, sempre. C’è una difficoltà che mi impedisce qualcosa? Torno indietro e vado avanti, torno e vado avanti. Questo è quello che noi dobbiamo fare: fare dei ponti. Non lasciarsi cadere a terra, non andare così: “mah, non posso…”, no, sempre cercare il modo di fare ponti. Voi siete lì: con le mani, fate ponti, voi tutti! Prendete le mani… ecco. Voglio vedere tanti ponti umani… Ecco, così: alzate bene le mani. E’ così. Questo è il programma di vita: fare ponti, ponti umani. Grazie.

Papa Francesco, Festa degli Italiani, GMG 2016

Vogliamoci bene, non costruiamo muri ai nostri sogni, diamo loro una mano e andiamo avanti. Move On*

3. Imparare è una maniera di vivere 

Qualsiasi cosa può aiutarci ad imparare. Un tramonto, una serata con gli amici, una presentazione power Point, un video su YouTube. Dobbiamo solo scegliere e possiamo farlo perché siamo liberi, liberi di costruire la nostra strada, anche (e soprattutto) sbagliando. 

Può anche motivarci una canzone, in quei versi in cui ci dice “di dieci cose fatte me ne è riuscita mezza”, ma alla fine chi canta è sempre un ragazzo fortunato.

A cura di Carla Filannino

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