Pochi giorni fa, nel nostro primo incontro con una classe del liceo De Sanctis di Trani, un ragazzo per presentarsi ci ha detto che si rivede molto nel Ragazzo Invisibile, il protagonista di un romanzo di Alessandro Fabbri, poi portato sul grande schermo da Salvatores. 

Si sente come l’adolescente Michele, protagonista del romanzo, ma senza i super poteri. 

“Certo, io non ho i super poteri”. Questa frase per noi è stata un vero pugno nello stomaco. 

Se, da un lato, MoveOn* è nata per rispondere ad affermazioni di questo tipo, dall’altro, è anche vero che sentirselo dire così è un’altra cosa. 

E continuiamo a chiederci: perché la scuola non è il luogo dove i ragazzi possono trovare il potere unico che risiede in ognuno di loro? 

Perché a scuola non diciamo ai ragazzi che, se vogliono, possono fare qualsiasi cosa? 

Perché non diciamo ai ragazzi, dalle cattedre che sembrano così distanti, che devono credere in sé stessi? 

Il destino ha voluto che negli stessi giorni uscisse nelle sale cinematografiche The Batman, una versione della storia dell’eroe di Gotham che sembra pensata per parlare agli adolescenti. Il Batman di Robert Pattinson, più Kurt Cobain che Bruce Wayne, non ha una via di fuga: vive solo e soltanto per le incursioni contro i criminali, i giri solitari nel fondo più oscuro della sua città, le riflessioni che trascrive, come in un flusso di coscienza, sui suoi diari.

In questo ritratto intimo di un introverso che sente la responsabilità del mondo sulle spalle è completamente assente la maschera del playboy, del rampollo mai cresciuto che ostenta il godimento della propria fama per sviare ogni sospetto. E così c’è solo lui: un ragazzo ferito che si nega tutto, dall’amicizia all’amore, passando per il sostegno morale di chi lo circonda e gli vuole bene.

Gotham sempre buia è riflesso dell’oscurità interiore senza uscita del protagonista. 

Bruce appare talmente convinto di essere condannato a quella vita da non cogliere nemmeno l’occasione di continuare a viverla assieme a un’anima simile alla sua. 

Una compagna di viaggio che sarebbe perfetta, ma che in quel buio non riesce proprio ad entrare. Lei, creatura che si mimetizza nella notte, ma che non rinuncia all’entusiasmo del giorno. 

Quante cose si negano i nostri ragazzi? Quante cose si negano ai nostri ragazzi? 

In quale mondo si isolano quando indossano le cuffie che in tanti nelle attività che facciamo ci propongono come l’oggetto che più li rappresenta?

Non sempre nella musica che ascoltano e nelle pagine di diario che scrivono domina l’oscurità di questo Batman che danza sulle note dei Nirvana. Ma, proprio per questo, ignorare quell’imprevedibile e variegata ricchezza è un insopportabile spreco. 

Batman è un supereroe. E lo è per le ferite inconfessabili che si porta dentro, per la forza che mette nell’affrontare la solitudine, per la determinazione che anima la sua battaglia senza gloria in difesa dei più deboli, per l’ingenuità che gli fa pensare di dover vivere, soffrire, lottare sempre da solo, per l’insicurezza che lo ha convinto di non meritare un amore, da accogliere e condividere.

Ed è un supereroe soprattutto quando è solo Bruce, l’erede riluttante di una famiglia che gli è stata strappata, e si specchia in un bambino a cui è toccata la stessa sorte. Non indossa il mantello quando eroicamente si fionda su quel bambino facendogli scudo con il proprio corpo. E forse è quello l’unico attimo della pellicola in cui ci è concesso intuire quale meravigliosa fragilità si cela dietro l’immagine inquietante del pipistrello. 

Questa settimana noi torniamo nelle classi, ma una riflessione sulla lezione che noi abbiamo imparato in questi giorni dagli studenti era dovuta. Era dovuta al ragazzo a cui speriamo di aver restituito il senso del possibile, insieme alla voglia di cercare il suo superpotere. Era dovuta a tutti i ragazzi come lui che rischiano di non recuperarlo mai se la scuola non sceglierà di vederli per davvero. Era dovuta a tutte le fragilità ignorate e sepolte sotto le maschere più improbabili. 

E allora? Ciak, motore, azione: come continua la storia, la nostra storia possiamo deciderlo solo noi. E allora: move on. 

A cura di Giulia Iacovelli

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